Un sentiero che si inerpica tra faggi, cerri e castagni introduce subito la sensazione che qui il tempo segue un ritmo diverso. Il Bosco di Malabotta non è solo una porzione di foresta in provincia di Messina: è un paesaggio che mette a contatto pratico il visitatore con formazioni geologiche, tracce di pastorizia e vedute che aprono verso l’Etna e i monti Peloritani. A pochi passi dalle antiche vie che collegavano i borghi, il bosco si presenta come una riserva naturale in cui camminare significa leggere la storia del territorio. Un dettaglio che molti sottovalutano: le forme delle rocce cambiano radicalmente a seconda dell’angolazione e raccontano tanto alla vista quanto al tatto.
Il paesaggio e le rocce che raccontano la storia
Provenendo da Montalbano Elicona, l’altopiano delle Rocche dell’Argimusco si staglia come una sequenza di massi calcarei modellati dal vento e dalla pioggia. Le sagome ricordano dolmen e menhir; nella descrizione popolare emergono nomi come la Roccia Aquila o la roccia a volto di donna, ma è essenziale osservare come la percezione delle figure dipenda dalla prospettiva. Gli studiosi hanno documentato l’erosione differenziale che ha alimentato tali forme; sul terreno si trovano anche i cosiddetti cubburi, piccole strutture in pietra usate dai pastori, simili ai trulli o ai nuraghi e testimonianza di pratiche agricole tradizionali.
La presenza di queste strutture rimanda a una vita agreste che ha plasmato il paesaggio. Il Sentiero dei Patriarchi attraversa aree dove la pietra dialoga con la vegetazione, offrendo punti di osservazione privilegiati per comprendere come l’uomo abbia adattato l’uso del territorio. Un fenomeno che in molti notano solo d’inverno: la luce più bassa fa risaltare incisioni e venature nella roccia, cambiando la lettura complessiva del sito. Dal punto di vista pratico, chi affronta questi luoghi trova segnali chiari ma non invasivi, tracce di manutenzione dei sentieri e cartellonistica dedicata alla tutela della riserva.

Itinerari e il trekking d’autunno nel bosco
Dal parcheggio l’itinerario più frequente si addentra in un bosco di cerri, faggi e castagni per raggiungere l’area dell’ex caserma forestale, punto utile per una sosta. Da lì la traccia sale verso la sommità del Vallone Ca Devanne, e deviando si raggiunge la dorsale nei pressi di Serro Faita. Lungo questa cresta si toccano cime come Pizzo Petrolo (1337 m), Rocca Vuturi (1325 m) e Monte Croce Mancina (1341 m), prima di ridiscendere verso l’area attrezzata di Monte Cerreto (1280 m). La lunghezza e il dislivello rendono il percorso adatto a escursionisti con esperienza media.
Lungo la dorsale non passano inosservate le roverelle secolari, alberi dalla forma complessa che contribuiscono alla struttura paesaggistica della riserva. Gli appassionati di fauna avranno spesso l’occasione di osservare rapaci volteggiare sopra le valli: è un luogo di passaggio e di nidificazione per diverse specie. Un aspetto che sfugge a chi vive in città: il silenzio del bosco è interrotto da richiami e ventagli di suoni naturali che aiutano a comprendere la ricchezza biologica. Esiste anche una variante che segue il Vallone fino a 1220 metri, attraversando popolamenti di Cerro e macchia mediterranea, per poi raggiungere il Torrente Licopeti e il Torrente Fontanazze.
Come arrivare e consigli pratici
Il Bosco di Malabotta è incastonato tra i comuni di Montalbano Elicona, Mojo Alcantara, Roccella Valdemone, Tripi e Malvagna. Chi parte da Messina o Palermo percorrerà l’autostrada principale fino all’uscita indicata per Falcone, quindi seguirà la direzione verso Montalbano Elicona e la Contrada Argimusco; dopo il sito megalitico si trova l’ingresso alla riserva. Da Catania la via più logica passa per Randazzo, sulla statale verso Capo d’Orlando, con deviazioni provinciali che portano ai borghi di collina e infine al bosco.
Per una visita corretta è utile considerare l’equipaggiamento: scarpe da trekking, strati termici e una mappa aggiornata dei sentieri. Un dettaglio che molti sottovalutano è la scarsità di punti di rifornimento idrico lungo alcuni itinerari più lunghi: portare acqua in quantità adeguata è essenziale. La riserva mette a disposizione indicazioni sui sette percorsi ufficiali, con informazioni tecniche sulla lunghezza e sul dislivello; chi organizza l’escursione dovrebbe consultare queste note e valutare le condizioni meteo e la visibilità prima della partenza. Sul terreno, i segnavia sono generalmente chiari, ma la prudenza resta d’obbligo: un errore di orientamento può allungare significativamente i tempi di rientro.
Una immagine pratica per concludere: arrivare al tramonto sulla dorsale regala una panoramica che collega il bosco alla massa dell’Etna e alle creste peloritane, un richiamo concreto per chi cerca paesaggi montani e natura ben preservata.
